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LA BANDA MUSICALE IN ITALIA
24 Agosto

LA BANDA MUSICALE IN ITALIA

 PREMESSA: pubblichiamo il presente intervento del noto musicista Enrico Mineo. Sono stati fatti degli stralci, ma il testo intero lo si può trovare in allegato.
Le nostre osservazioni le lasciamo al termine. Buona lettura.

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LA BANDA MUSICALE IN ITALIA
Considerazioni di Enrico Mineo

 

Non è mio intendimento dire cose nuove, o dettare leggi nel campo dell’arte.

Intendo solamente promuovere quella salutare riforma tanto necessaria alle Bande Musicali, perché tutte rispondano allo scopo artistico ed educativo per cui sono state istituite.

Non ho saputo mai spiegarmi perché, fra tutti i rami del sapere umano, sono quello bandistico debba essere trascurato, abbandonato in balia di sé stesso e non governato da opportune discipline.

L’importanza e l’utilità della Banda sono innegabili; il suo duplice mandato di dilettare ed educare la pone fra le più belle istituzioni popolari.

Gli antichi greci, convinti della grande influenza che esercita la musica sull’educazione del popolo, imposero l’obbligo di studiarla sino ai 30 anni; i nostri moderni, non meno convinti degli antichi, hanno saputo apprezzare tale principio, introducendo nelle Scuole elementari mercé lo studio del canto corale.

Ed invero: qual linguaggio più di quello musicale sa parlare dolcemente al cuore del popolo, facendosi intendere da tutti ?

Quale arte più della musica ha la potenza di agire su tutto l’organismo umano, risvegliando i migliori sentimenti dell’animo ?

Se si riconosce adunque l’influenza della musica sullo sviluppo intellettuale e morale del popolo, quale istituzione meglio che la Banda può, su più vasta scala, conseguirne gli effetti ?

I teatri, i concerti, i salotti sono i ritrovi delle classi agiate; la Banda è il ritrovo del popolo, gli appartiene e gli fa conoscere, essa sola, le dolcezze della musica, specialmente nei paesi di provincia.

Ed intanto l’oblio cuopre inesorabilmente questa bella scuola popolare; ed il Governo, a cui spetta la cura dell’indirizzo e dello sviluppo degli studi, non ha mai provveduto a migliorarne le sorti ed a ridonarle quel prestigio richiesto dal decoro della Nazione e dall’esigenza dell’arte.

Se la Banda è una spesa di lusso, una spesa facoltativa (per cui diviene il bersaglio delle autorità superiori nella revisione dei bilanci comunali), la si sopprima allora addirittura e dovunque, anziché lasciarla nella pietosa condizione in cui versa attualmente; ma, se la si vuole e la si permette, è doveroso che essa sia ben costituita, sorretta da una legge amministrativa e tutelata da quei privilegi che ogni civile istituzione gode.

La Banda ha bisogno di una riforma assolutamente radicale, tanto nella parte amministrativa, quanto nella parte artistica: spetta al Governo la prima, ai Conservatori la seconda.

La Banda, un ramo tanto diffuso nell’arte musicale, a torto è considerata volgare e povera, per quanto molte circostanze possono farla credere tale; ed è maggiormente doloroso che quest’opinione sia nel convincimento di molti tra i cultori dell’arte istessa.

Ciò, indubbiamente, si deve al fatto che nei Conservatori d’Italia (salvo qualche lodevole tentativo) non si è mai non si è pensato finora ad istituire una scuola per i capi-musica, quasi che il ramo bandistico non appartenga al grande albero della musica, le sue leggi non dipendono da essa, e non meriti un degno posto tra gli altri insegnamenti.

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In quest’ultimo periodo del secolo, tra i giovani studiosi regna la mania di voler diventare tutti compositori, o perlomeno direttori d’orchestra.

Con questo miraggio escono dai Conservatori, pieni di speranze e di illusioni, per recarsi al centro degli affari, alla grande agenzia dei teatri, a Milano. E li vedete tutti gonfi, cogli indispensabili capelli lunghi, col portamento da grandi artisti, con aria da ispirati, recarsi direttamente da Ricordi o da Sonzogno, con un’opera sotto il braccio, lieti di cederla alla Casa, che penserebbe di darla alle scene.

Non mancano i soliti elogi e le dolci parole d’incoraggiamento; e l’editore, promettendo, largamente, rimanda al miglior tempo la cosa per una ragione qualunque (disillusione).

C’è uno scanno direttoriale allora che li attende.

Cominciano a passeggiare da mane a sera nella Galleria Vittorio Emanuele, limosinando presentazioni presso gl’impresari, a correre da un’agenzia all’altro in cerca di scrittura; ma gli affari sono generalmente pochi, meschini, incerti e difficili specialmente per i novizi.

La faccenda comincia ad imbrogliarsi e i vaghi sogni di trionfi e di celebrità cedono alla dura realtà delle dioturne lotte per la vita.

Ebbene… se ad uno di loro si offrisse un posto di capo-musica, capo-musica, sarebbe sdegnosamente respinto, perché volgare, indecoroso, umiliante!

Ecco, generalmente, qual concetto hanno della Banda i giovani musicisti; mentre poi dopo aver scorrazzato, incerti e senza una meta, da un capo all’altro d’Italia, finiscono per cascarvi dentro ugualmente.

È vero che migliaia di sedicenti maestri e musicanti hanno fatto della Banda il più vile dei mercati; ma ciò riguarda semplicemente la moralità del Corpo, non la sua importanza dinanzi all’arte.

Altrettanto allora potrebbesi dire dell’orchestra, se si dovessi giudicarla dall’elemento mestierante che spesso la compone, o dal basso commercio che ne fanno gl’impresari nell’uso del teatro. Qual ramo del sapere umano non ha i suoi sfruttatori? Distinguiamo quindi bene le cose.

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Ci vuol altro per costruire razionalmente un Corpo musicale e guidarlo con buoni intendimenti ed esatti criteri artistici; ci vuol altro per istrumentare un pezzo come l’arte prescrive e concertarlo con quell’interpretazione che il carattere della musica esige.

Difatti, se diamo per poco un rapido sguardo alla formazione organica dei Corpi di musica attuali, li troviamo quasi tutti sproporzionatamente carichi di strumenti d’ottone e debolissimi negli strumenti di legno.

Tale esuberanza di ottoni (che dà più l’idea della Fanfara anziché della Banda); l’uso continuo e volgare degli strumenti a percussione, la sproporzione acustica degli effetti, prodotta spesso dalla cattiva strumentazione, dimostrano luminosamente come non si abbia mai avuta la più pallida idea del vero indirizzo della Banda.

Quante volte si ha l’occasione di sentire, in un pezzo di musica teatrale, la parte del soprano affidata al flauto o al clarinetto, e quella del tenore al cornetto o al flicorno ?

Qualche maestro, avvertito dell’errore, ha trovato comodo scusarsi col dire d’aver dovuto ricorrere a tale opportuna misura per insufficienza del suonatore, a cui avrebbe dovuto affidare la parte; pure io sono convinto che ciò è derivato semplicemente dalla assoluta sconoscenza dei preliminari della strumentazione e dalla nessuna correttezza nella estrinsecazione dell’arte.

Ne fan fede centinaia di partiture buttate giù alla meglio, piene di tali incongruenze, lontane mille miglia dalle intenzioni espressa dall’autore nella partizione originale, seminate di errori d’armonia e d’altro ben di Dio !

E li vedete tutti gonfi, con ostentata disinvoltura, con gesto borioso impugnare la bacchetta direttoriale e dare brevi saggi di scherma, poco curanti del rispetto dovuto all’autore della musica che si eseguisce e alla dignità dell’arte.

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La Banda, come abbiamo detto, non è che un’istituzione puramente popolare, non ha altro scopo che dilettare ed educare!...

Essa indubbiamente segue quasi sempre l’importanza della città a cui appartiene, ma la differenza tra le varie Bande non dovrebbe consistere che nel numero e nella qualità dei suonatori, mai nell’indirizzo e nel sistema organico, che dovrebbero essere eguali in tutti casi. Le Bande, siano grandi o piccole, dovrebbero avere tutte un solo tipo, un uguale criterio, un unico ideale.

La variabilità del numero non dovrebbe alterarne menomamente le proporzioni, l’equilibrio e la classificazione strumentale, né svisarne il concetto.

I Concerti cittadini di Roma, Milano, Torino, Palermo, Venezia, Bologna e di altre poche città d’Italia, costituiti sapientemente, rispondono benissimo alle moderne esigenze dell’arte.

A quale scuola debbano, i rispettivi maestri-direttori, d’aver saputo organizzare con esatti e moderni principi le proprie Bande, se non al loro buon senso, al loro discernimento artistico, al loro studio individuale, all’esempio della perfetta organizzazione delle Banche estere ?...

Ciò dimostra sempre più la necessità di una scuola per i capi-musica, poiché gli esempi citati non costituiscono che rare eccezioni, nè tutti possono avere l’ingegno ed i mezzi di istruzione di cui dispongono i sullodati maestri.

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Il repertorio bandistico abbisogna di una energica riforma, la strada che batte è falsa: esso non dovrebbe assolutamente uscire dal genere strumentale; questo e il suo solo campo, il suo vero ambiente.

La musica teatrale dovrebbe rimanere sempre nel teatro; quel ch’è scritto per la voce dovrebbe sempre eseguirsi dalla voce. Come può uno strumento rendere la potenza drammatica di una frase, quando suo effetto sia proprio nella scena e nell’azione ?...

Come può uno strumento, per quanto ben suonato, rendere quell’espressione, che è concessa solo alla voce per la sua grande facoltà di poter esprimere con parole il canto musicale ?

Vien da sé che chi ha visto e gustato un’opera a teatro, rimane spesso disilluso udendola dalla Banda… Ma non bisogna essere pessimisti del tutto; ogni regola ha la sua eccezione.

Nella musica d’opera ci sono certamente quelle pagine adatte e che si prestano egregiamente ad essere ridotte per Banda, quelle pagine appunto che hanno un carattere puramente strumentale.

Bisognerebbe evitare del tutto i pezzi affidati alle voci; o perlomeno bisognerebbe saper scegliere solo quei brani che, tolti alle scene del teatro, non perdono la loro efficacia drammatica.

É oltremodo assurdo poi volere strumentare per Banda la musica d’opera, senza la guida della partitura per orchestra. Che cosa si può dedurre dallo spartito per canto e pianoforte, che ha tutta la parte orchestrale ridotta per pianoforte, e spesso malamente ?...

Come può seguirsi fedelmente l’intenzione dell’autore e riprodurre il carattere, i colori, gli effetti, senza l’esame della tela originale ?

 

Da “Gazzetta Musicale di Milano” – anno 54° - n. 20 del 18 Maggio 1899 e seguenti - Gli originali scansionati sono consultabili su Internet

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OSSERVAZIONI FINALI: è quasi agghiacciante leggere queste parole, giunte a noi come un messaggio in bottiglia dal passato (1899 !!!) e notarne l'assoluta attualità.
Pur con qualche distinguo, questo scritto fotografa bene una situazione ferma, a livello generale, da più di 100 anni.
Qui ci fermiamo, lasciando al lettore il compito di farsi un'opinione in merito.