COMFORT LETTER: DA KAFKA A IONESCO E RITORNO
COMFORT LETTER: DA KAFKA A IONESCO E RITORNO
di Carlo Mazzini - Consulente sulla legislazione e sulla fiscalità degli enti non profit
(da "Associazioni e sport" n. 5/2025 - per gentile concessione dell'autore e del direttore della rivista)
Siamo veramente lieti di riportare questo intervento del Dott. Carlo Mazzini, esperto del settore non profit, e lo ringraziamo per il permesso concessoci.
Parimenti ringraziamo il Dott. Luca Caramaschi, Direttore della rivista "Associazioni e sport", acuta rivista che conoscevamo già da tempo e che vedeva, tra i collaboratori, il nostro carissimo e compianto Avv. Guido Martinelli.
L'argomento è di grande attualità, e ha generato un confusione enorme...
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Comfort letter: da Kafka a Ionesco e ritorno
Kafka e Ionesco erano dei dilettanti se messi a confronto con chi sostiene che la comfort letter per il Terzo settore equivale a un via libera alla normativa fiscale del Codice.
La questione è nota e la riassumiamo in poche righe. Da quasi 8 anni aspettavamo che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali inviasse la richiesta di autorizzazione alla Commissione Europea per far applicare la rimanente parte fiscale del CTS ancora non vigente agli oltre 130.000 enti a oggi iscritti al Runts.
Dopo aver temporeggiato per tutto questo tempo, tra cambi di Governo, freni imposti anche da importanti lobby del non profit e una politica che mai si è davvero interessata all’argomento, nel corso del 2024 il Ministero ha accelerato l’iter e ha interloquito intensamente con le Autorità europee, fino ad allora ignare del fatto che il Legislatore italiano si fosse autoimposto coerentemente il passaggio del controllo eurounitario.
Come noto, quella che doveva essere una patente di corretta applicazione della norma (l’“Autorizzazione”) si è trasformata nei primi giorni di marzo in un foglio rosa temporaneo, la comfort letter, un attestato tecnico di dubbio valore abilitante, che, ad avviso di chi scrive, non mette in sicurezza gli enti e i loro amministratori.
Il Ministero e una moltitudine di altri soggetti hanno subito sentenziato che, anche se nella forma di comfort letter, la pronuncia della Commissione equivaleva a un’autorizzazione ufficiale e che pertanto ci si poteva iniziare a preparare ai cambiamenti di regime fiscale che scatteranno con l’inizio del 2026.
Con una trentina di consulenti di enti non profit, tra i quali molti collaboratori di questa Rivista, abbiamo sottoscritto una lettera aperta al Ministero per chiedere di riconsiderare l’equivalenza tra autorizzazione e comfort letter.
Cerco di riassumere in sintesi il contenuto della lettera e le ragioni che hanno spinto il sottoscritto e tanti professionisti specializzati nella materia a esporsi pubblicamente.
Potremmo iniziare con la questione del requisito soggettivo.
Chi ha sottoscritto la comfort letter è un ufficio tecnico della Direzione generale alla concorrenza: non è la Commissione Europea. Siamo andati a recuperare alcune autorizzazioni concesse agli Stati membri per questioni fiscali assimilabili e comunque legate sempre alle questioni del rispetto della normativa europea e in particolare della disciplina degli aiuti di Stato.
Il testo, in quei casi, era un atto formale a firma della Commissione e non del responsabile di un ufficio tecnico.
Non solo: passando al testo, il contenuto di un’autorizzazione consiste in una lunga teoria di normative, confronti giurisprudenziali, presentazione di casistiche puntuali per le quali l’autorizzazione può valere, eccezioni, richieste di aggiornamenti continui sull’applicazione della norma locale.
Nel caso della comfort letter, il testo si riduce a malapena 2 facciate, con riferimenti peraltro non esaustivi a giurisprudenza e prassi eurounitarie.
Rileva nella comfort letter anche una delle frasi finali che conferma la non parificabilità con l’autorizzazione: “... le considerazioni sopra esposte non costituiscono una posizione definitiva della Commissione, ma solo una valutazione preliminare dei servizi della DG Concorrenza basata sulle informazioni forniteci dalle autorità italiane”.
Questa pronuncia palesemente interlocutoria da parte dell’ufficio tecnico della DG concorrenza dovrebbe pertanto bastare ai lettori non solo di questa Rivista, ma anche a quelli istituzionali.
Ma non pare essere bastato neppure un paragrafo precedente che in merito ad alcune delle misure prenotificate (intendendovi le agevolazioni) affermava che “... non sembrano configurare un aiuto di Stato”.
Dato che il testo della lettera in inglese è: “... would not seem to constitute State aid ...”, in essa si esprime un dubbio (con il verbo sembrare) e un’ipotesi tramite il condizionale.
Pertanto, chi afferma che la comfort letter dà certezze, non sembra aver riconosciuto nell’espressione una frase insieme dubitativa e ipotetica, ovvero quanto di più lontano da una certezza.
Nella lettera dei professionisti si è anche sottolineato come la Commissione Europea in passato abbia scelto, anche sulla base di numerose pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, di pubblicare una sorta di interpretazione autentica tramite una comunicazione in merito a diverse questioni degli aiuti di Stato.
Uno dei punti chiariti dalla Commissione Europea è il seguente: un soggetto senza scopo di lucro che realizzi anche attività economica è, limitatamente a quest’ultima, assoggettata alla disciplina degli aiuti di Stato.
Stranamente, l’ufficio firmatario della comfort letter non ha citato questo principio riportato ufficialmente dalla Commissione Europea e supportato da numerose sentenze della Corte di Giustizia UE, e non ha quindi argomentato le ragioni, magari esistenti, di inapplicabilità nel caso specifico degli ETS.
Appare inoltre sorprendente e un po’ imbarazzante il fatto che l’ufficio della Direzione Generale scopra, nell’estensione della lettera, che gli enti senza scopo di lucro siano differenti dalle aziende con scopo di lucro perché i primi ... non hanno come fine la remunerazione del capitale. Al di là della scoperta non molto innovativa, all’ufficio della DG fa da contraltare la Commissione Europea che, sempre nella Comunicazione del 2016, affermava: “l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato non dipende dal fatto che l'ente venga costituito per conseguire degli utili. Anche gli enti senza scopo di lucro possono offrire beni e servizi su un mercato”.
Kafka e Ionesco, dicevamo.
Ma a confronto, erano modesti autori di racconti surreali: qui siamo oltre. Pensare che un parere interlocutorio, espresso da un ufficio tecnico e redatto in forma dubitativa, possa valere quanto un atto giuridicamente vincolante della Commissione, va oltre alla nostra immaginazione.
E riteniamo che sia un errore che, tradotto in prassi, potrà esporre gli enti e i loro amministratori a rischi significativi come dimostrano le esperienze anche recenti, citate nella lettera dei professionisti.
Rimane qualche domanda di fondo: la prima è cosa devono fare oggi gli amministratori di ETS se ritengono che possa esistere il rischio un domani di contestazione delle agevolazioni da parte della Commissione Europea.
E inoltre: chi oggi afferma coram populo che “andrà tutto bene”, che non vi saranno contestazioni né rischi per gli enti, si assume una responsabilità pesantissima.
Perché non si tratta di rassicurare qualche addetto ai lavori, ma di esporsi pubblicamente, senza garanzie, sul destino giuridico e fiscale di oltre 130.000 enti iscritti al Runts.
E se domani dovessero emergere rilievi da parte della Commissione o contenziosi legati agli aiuti di Stato, chi ne risponderà? I tecnici europei che hanno firmato una lettera interlocutoria (ammettendo che era interlocutoria), o chi oggi si erge a garante di una certezza che semplicemente non esiste?
Oppure, come troppo spesso accade, saranno ancora una volta gli enti – e i loro amministratori – a essere lasciati soli, esposti alle responsabilità, agli oneri e alle conseguenze di decisioni altrui?
Pubblichiamo di seguito la lettera aperta al Ministero, per dare la possibilità a tutti i lettori, consulenti e amministratori di enti non profit, di confrontarsi con le argomentazioni di chi ha studiato a fondo le normative e si è posto alcune semplici domande sulle conseguenze del mancato ottenimento della famosa Autorizzazione.
"Lettera aperta al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
Al Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
Dott.ssa Marina Elvira Calderone
Al Vice Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
On. Maria Teresa Bellucci
Al Direttore Generale per il Terzo Settore e la Responsabilità Sociale delle Imprese
Dott. Alessandro Lombardi
Gentile Ministro, Gentile Vice Ministro, Gentile Direttore,
con la presente, noi firmatari della presente lettera aperta – professionisti con lunga esperienza al fianco degli enti del Terzo Settore - intendiamo sottoporre alla Vostra attenzione, nel rispetto del ruolo dell’Amministrazione, il tema della Comfort Letter1 inviatavi ad inizio marzo da un Ufficio tecnico della Commissione europea; ci permettiamo di farlo per ragionare in merito alle conseguenze della rinuncia a richiedere l’Autorizzazione prevista dal Codice del terzo settore2.
La questione centrale è una: la Comfort Letter sarà realmente in grado di tutelare gli Enti del Terzo Settore da eventuali contestazioni future da parte di operatori economici attivi negli stessi ambiti?
Se la risposta è affermativa, si potrà ritenere raggiunta una soluzione efficace e sostenibile, che renderà superflua l’Autorizzazione ex art. 101, comma 10, del Codice del Terzo Settore.
Se, al contrario, vi è motivo di ritenere che la Comfort Letter non sia sufficiente a garantire un adeguato livello di tutela giuridica, allora si pone un problema rilevante, che merita di essere affrontato con urgenza e trasparenza.
Si riportano di seguito i principali elementi a supporto del ragionamento.
(1) L’impronta digitale sulla lettera, quindi la firma e la paternità, non è della Commissaria Teresa Ribera e pertanto della Commissione europea, ma è del responsabile un ufficio tecnico della Direzione Generale per la Concorrenza3. La Comfort Letter pertanto non è un’Autorizzazione. Lo dice la stessa lettera dove si legge "le considerazioni sopra esposte non costituiscono una posizione definitiva della Commissione, ma solo una valutazione preliminare dei servizi della DG Concorrenza basata sulle informazioni forniteci dalle autorità italiane”.
(2) Nella Comfort Letter si legge: "Alla luce di tali considerazioni,le misure pre-notificate relative alla tassazione sul reddito (art. 79 (2-bis), art. 80 e art. 86 del Codice del Terzo Settore, art. 18(1) del Codice dell'Impresa Sociale) non sembrano configurare un aiuto di Stato ai sensi dell'articolo 107(1) TFUE, in quanto non appaiono selettive”. Che tradotto vuol dire: queste misure non sembrano essere un Aiuto di Stato vietato dall’Unione Europea, perché non paiono favorire in modo speciale alcune aziende rispetto ad altre. Vedremo oltre se è davvero così.
(3) Per sostenere la non selettività delle misure pre-notificate (quindi degli articoli richiamati al precedente punto (2)), l’ufficio del Directorate-Generale for Competition richiama in particolare una sentenza4 concludendo che "le caratteristiche specifiche di ETS e Imprese Sociali pongano tali soggetti in una situazione giuridicamente e fattualmente distinta dalle imprese a scopo di lucro, in relazione all'obiettivo del sistema di imposta sul reddito”.
Ma cosa dice la sentenza citata?
La Corte di Giustizia UE nel 2011 stabilì che spettava al giudice italiano valutare se le esenzioni fiscali alle cooperative fossero selettive e ingiustificate, verificando se le cooperative coinvolte nella causa fossero realmente diverse dalle società a scopo di lucro. E il giudice nazionale, verificata la diversità, avrebbe inoltre dovuto valutare il vantaggio fiscale e approvarlo solo se coerente e proporzionato rispetto al sistema tributario nazionale5.
Quindi, la sentenza - e la Corte di Giustizia - non ha dato un via libera assoluto alla non applicabilità della disciplina sugli Aiuti di Stato in presenza di un soggetto non profit.
(4) Non appare pertanto rassicurante che la Comfort Letter costruisca il suo ragionamento giuridico che nega, pur tra tante prudenze, l’applicabilità delle norme sugli aiuti di Stato basandosi su una sentenza nella quale si rimanda ad un giudice dello Stato membro la valutazione se il soggetto non profit abbia goduto indebitamente di un aiuto di Stato.
(5) Peraltro la questione dell’assenza di scopo di lucro era stata già affrontata dalla Commissione quando nel 2016 (quindi successivamente alla sentenza citata) ha adottato una comunicazione sulla nozione di aiuto di Stato6.
Un recente documento pubblicato dal Servizio Studi della Camera dei deputati7 contribuisce a chiarire l’orientamento della Commissione:
"Posto che il beneficiario di una misura di aiuto di Stato deve essere «un’impresa», la Comunicazione precisa, in primo luogo, questa nozione, mutuandola dalla giurisprudenza europea nel frattempo intervenuta".
Secondo la Corte di giustizia dell’UE, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi ente che esercita un'attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (cfr. Corte di Giustizia,12 settembre 2000, Pavlov e altri cause riunite da C 180/98 a C 184/98), dunque:
- lo stato giuridico dell’ente in questione ai sensi del diritto nazionale è ininfluente;
- anche gli enti senza scopo di lucro possono offrire beni e servizi su un mercato, in tal caso sono soggetti alla disciplina sugli aiuti di Stato; ...”
(6) Quindi la situazione è la seguente:
- la Commissione è stata molto netta nel dire che si deve considerare impresa - soggetta alla disciplina degli aiuti di Stato - anche l’ente non profit quando interviene in un mercato offrendo a pagamento beni e servizi. E lo fa citando numerose sentenze della Corte di Giustizia.
- Un ufficio tecnico di una Direzione Generale cita (per avvalorare la propria timida tesi) un’unica sentenza nella quale la Corte di Giustizia rimanda al giudice italiano di decidere.
- Chi firma una comunque prudentissima Comfort Letter non è la Commissione europea, ma un funzionario.
- Come si dice: bene ma non benissimo.
(7) Quali sono le conseguenze di tutto ciò?
Se si va a leggere un’Autorizzazione come, ad esempio, quella concessa alle start up innovative italiane8, ci si trova di fronte a un documento firmato dalla Commissione di 14 pagine e 76 paragrafi9, nel quale viene definito con precisione l’ambito di applicazione dell’Autorizzazione da parte della Commissione europea.
Lo Stato membro (l’Italia) e i soggetti che intendono applicare le norme di favore hanno ben chiari, grazie all’Autorizzazione, i confini di operatività per poter agire in sintonia con la normativa europea e non ricadere nell’accusa di aver dato o ricevuto un Aiuto di Stato illegittimo.
Agendo conformemente all’Autorizzazione, si riducono i casi di contestazione.
(8) Tutto il dettaglio e tutta la sicurezza offerta dall’Autorizzazione, la Comfort Letter non la dà.
Nessun Ente del terzo settore, un domani, avrà il coraggio di portare a supporto delle proprie ragioni la Comfort letter che afferma che, sulla base di quanto riferito dalle autorità italiane, il Codice del terzo settore non sembra violare le norme europee sulla concorrenza.
É quindi evidente la differenza sostanziale tra i due documenti e questa differenza si riverbera sulle conseguenze future a danno degli Enti del terzo settore.
(9) Si faccia il caso che ad un Ente del terzo settore che agisce, ad esempio, nell’ambito dei servizi sanitari, ovvero nei settori della formazione, dell’istruzione, del turismo o della promozione culturale, venga contestato da un operatore economico attivo nello stesso ambito l’utilizzo indebito di agevolazioni fiscali, in relazione all’offerta di attività rese con modalità assimilabili a quelle commerciali.
Di fronte alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, quali saranno le carte che l’ente potrà giocarsi? Non potrà negare di operare nello stesso mercato. Se tirerà fuori l’argomento della mancata divisione di utili, la parte avversa o il giudice potrà ricordare che per la Commissione e la Corte di Giustizia la nozione di impresa abbraccia qualsiasi ente che esercita un'attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento” 10.
(10) Come dovrà agire dal 1 gennaio 2026, in via preventiva, l’amministratore di un Ente sapendo che sarà obbligato ad applicare certe norme (art 79 del Codice) e potrà applicarne altre (calcolo forfettario delle imposte - 80 e 86)?
Se ritiene che la Comfort Letter non lo ripari da future contestazioni mosse dai concorrenti for profit, quale decisione alternativa potrà prendere se non quella di creare una riserva per rischi futuri al fine di tutelare l’Ente in caso di contestazione? E quale sarà la consistenza economica della riserva che peraltro dovrà incrementare anno per anno?
(11) Sul tema “contestazioni future” e rischi di dover rifondere lo Stato italiano: il Ministero è certamente informato del fatto che vi sono enti non profit che, a seguito di una lunga disputa sull’ICI tra Stato italiano e Commissione europea, devono versare quanto dovuto dal 2006 al 2011, inclusi gli interessi composti11. Nel caso dell’ICI, come noto, il rischio è maturato anche in conseguenza del mancato ricorso alla procedura preventiva prevista dall’art. 108, paragrafo 3, del TFUE, che impone agli Stati membri di notificare in via anticipata qualsiasi misura di aiuto.
Oggi ci troviamo di fronte a una situazione in parte analoga, ma, per certi versi, ancor più delicata: si è pienamente consapevoli del fatto che alcune disposizioni del Codice del Terzo Settore potrebbero rientrare nell’ambito degli Aiuti di Stato e generare contestazioni future, e tuttavia si rinuncerebbe formalmente a richiedere l’Autorizzazione della Commissione, confidando esclusivamente sul valore interpretativo di una Comfort Letter.
In questo scenario, il rischio – già verificatosi nel passato recente – non solo si ripropone, ma si aggrava, in quanto emerge a fronte di una conoscenza pregressa e documentata della sua possibile insorgenza.
(12) Tornando alle norme in oggetto, secondo fonti presso la Commissione da noi consultate, se si fosse proceduto a richiedere l’Autorizzazione, l'iter avrebbe preso ulteriore tempo, a causa dell’elevato numero (ben 26) delle attività di interesse generale riportate all’art 5 del Codice del terzo settore.
A parte che ad oggi nessuno ha ancora spiegato la ragione per cui in 7 anni nessun Governo abbia mai presentato la notifica alla Commissione europea. E si sorvola sul fatto che questo silenzio risulta quantomeno poco rispettoso verso chi oggi si vede chiamato a prestare adesione incondizionata a una soluzione che, dopo sette anni di attesa, trasforma un’Autorizzazione da imprescindibile a superflua.
A parte tutto ciò, nell’alternativa tra ottenere un’Autorizzazione che chiarisce i confini delle disposizioni e farsi andar bene una Comfort Letter che non avrà alcun valore nel momento in cui venisse contestato qualcosa all’Italia o agli Enti, la scelta più opportuna appare essere la prima, anche a scapito di dover aspettare ulteriori uno o due anni.
Conclusione
Sulla base delle citate argomentazioni, si ritiene che il Ministero dovrebbe considerare, nell’interesse del Terzo Settore, di notificare la richiesta di Autorizzazione alla Commissione europea sulle tematiche oggetto della Comfort letter.
Come insegnano le ben note questioni sull’Iva delle associazioni12, sull’Ici degli enti non commerciali e sulla questione dei dividendi delle Fondazioni bancarie13, i nodi ad un certo punto vengono al pettine e non è ammissibile lasciare nell’incertezza un settore così rilevante per la tenuta del tessuto sociale del Paese.
Nel rinnovare la nostra disponibilità al confronto, auspichiamo un chiarimento pubblico da parte del Ministero, utile a orientare scelte consapevoli e coerenti da parte di enti, operatori e professionisti del Terzo Settore."
Note:
1 Comfort Letter for the Terzo Settore PN - Case (SA.63927) del 7 marzo 2025.
2 Articolo 101, comma 10, D.Lgs. 117/2017.
3 Harold Nyssens, Head of Unit H5: Fiscal Aid & Aggressive Tax Planning.
4 Cause C-78/08 a C-80/08: Paint Graphos
5 Cause C-78/08 a C-80/08: Paint Graphos, § 82. “Spetterà” al giudice italiano “... valutare nello specifico il carattere selettivo delle esenzioni fiscali di cui trattasi, nonché la loro eventuale giustificazione alla luce della natura o della struttura generale del sistema tributario nazionale nel quale si inseriscono, stabilendo, segnatamente, se le società cooperative di cui alle cause principali si trovino di fatto in una situazione analoga a quella di altri operatori costituiti in forma di società a scopo di lucro e, qualora ciò si verificasse, se il trattamento fiscale più favorevole riservato alle menzionate società cooperative sia, da un lato, inerente ai principi fondamentali del sistema impositivo vigente nello Stato membro interessato e, dall’altro, conforme ai principi di coerenza e di proporzionalità”.
6 Comunicazione della Commissione sulla nozione di aiuto di Stato di cui all’articolo 107, § 1, Tfue (2016/C 262/01 - par. 7 - 13) “Secondo la costante giurisprudenza della Corte di giustizia, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi ente che esercita un'attività economica, a prescindere dal suo stato giuridico e dalle sue modalità di finanziamento (5). La qualificazione di un determinato ente come impresa dipende pertanto interamente dalla natura delle sue attività. Questo principio generale presenta tre importanti conseguenze.
In primo luogo, lo stato giuridico dell'ente in questione ai sensi del diritto nazionale è ininfluente. Per esempio, un ente che in base alla normativa nazionale sia qualificato come associazione o società sportiva può tuttavia essere considerato un'impresa ai sensi dell'articolo 107, paragrafo 1, del trattato. Le stesse considerazioni valgono per gli enti facenti formalmente parte della pubblica amministrazione. L'unico criterio pertinente è l'esercizio di un'attività economica.
In secondo luogo, l'applicazione delle norme in materia di aiuti di Stato non dipende dal fatto che l'ente venga costituito per conseguire degli utili. Anche gli enti senza scopo di lucro possono offrire beni e servizi su un mercato. Qualora ciò non avvenga, essi non sono soggetti al controllo sugli aiuti di Stato.
In terzo luogo, un ente viene qualificato come impresa sempre in relazione a un'attività specifica. Un ente che svolga sia attività economiche sia attività non economiche è considerato come un'impresa solo per quanto riguarda le prime.
Ai fini dell'applicazione della normativa sugli aiuti di Stato, diversi enti con personalità giuridica distinta possono essere considerati come una singola unità economica. Si considera quindi che tale unità economica costituisca l'impresa interessata. A tale riguardo, per la Corte di giustizia è rilevante l'esistenza di una quota di controllo e di altri legami funzionali, economici e organici.
Per chiarire la distinzione tra attività economiche e non economiche, la Corte di giustizia ha costantemente affermato che qualsiasi attività consistente nell'offrire beni e servizi in un mercato costituisce attività economica.
La questione se esista o meno un mercato per determinati servizi può dipendere dal modo in cui essi sono organizzati nello Stato membro interessato e può quindi variare da uno Stato membro all'altro. Inoltre, la qualificazione di una determinata attività può cambiare nel tempo, in funzione di scelte politiche o di sviluppi economici: quella che oggi non è un'attività economica può diventarlo in futuro, e viceversa”.
7 Gli aiuti di Stato - Parte Generale - n. 67 - 25 novembre 2024 https://documenti.camera.it/leg19/dossier/pdf/AP0059.pdf.
8 SA.36866 (2013/N) e successive.
9 Aiuto di Stato SA.48570 (2018/N) - Italia - Incentivi fiscali per investimenti in start-up innovative e pmi innovative.
10 Vedi prec. Vi.
11 La disputa ha visto soccombere l’Italia ancora nel recente 2023 con Decisione 2023/2103/UE. A seguito della sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 novembre 2018, relative alle cause riunite da C-622/16 P a C-624/16 P, e delle decisioni della Commissione europea del 19 dicembre 2012 e del 3 marzo 2023, il Governo italiano ha emanato il D.L. 131/2024 - articolo 16-bis, convertito dalla L. 166/2024.