A CHE PUNTO SIAMO ?
28 Ottobre

A CHE PUNTO SIAMO ?

A CHE PUNTO SIAMO ?

 

Francamente siamo senza parole: da più parti fioccano critiche alla Riforma del Terzo Settore, critiche sinora non prese in considerazione o sottovalutate, e coloro che tengono le redini di questa riforma si stanno comportando come i “padroni del vapore” o, se preferite, come il Marchese del Grillo.
In questi mesi abbiamo incontrato vari esperti, docenti universitari, responsabili di associazioni, addetti ai lavori, e la platea dei critici aumenta sempre più. Parimenti, però, assistiamo alla volontà di non dialogare da parte di chi sinora ha “spinto” questa riforma, evidentemente per lo sciocco timore di rimetterci la faccia.
Taluni ci ripetono che è “una scelta culturale” quella che dobbiamo fare (sarebbe meglio dire “subire”), non considerando le problematiche legate a tale scelta. Per essere chiari: se anche opto per questa “scelta culturale”, come faccio a far quadrare i conti delle esangui casse delle piccole, piccolissime e medie associazioni, che ricordiamo essere circa il 90% del totale delle associazioni italiane ?

Ma andiamo con ordine.

 

LA RIFORMA NON SEMPLIFICA NULLA, MA ANZI AUMENTA LA BUROCRAZIA (E LE SANZIONI).

Questo ormai è assodato.
Negli incontri che abbiamo svolto con vari soggetti abbiamo presentato una ricerca fatta dai nostri esperti, nella quale sono elencate le varie incombenze esistenti ad oggi: abbiamo riempito ben 16 pagine !!!
La risposta che abbiamo sentito più volte è che queste incombenze c’erano anche prima della Riforma: è vero, e questa è la prova, riconosciuta pure dai
sostenitori, che con questa riforma NON si semplifica nulla.
Di più: sempre i nostri esperti hanno riempito altre 4 pagine di nuove incombenze introdotte proprio dalla riforma stessa, con tanto di sanzioni per chi sbaglia. Su questo aspetto, invece, nessuno ci risponde concretamente, ripetendoci il già citato mantra “è una scelta culturale”.

 

MA ALLORA: SIAMO OBBLIGATI O NO AD ENTRARE NEL RUNTS ?

La risposta che ci viene sempre data dagli interlocutori sinora incontrati è NO.
È vero, quest’obbligo non c’è. Almeno sulla carta…
Si, perché se si resta fuori si viene fortemente penalizzati: le agevolazioni fiscali che verranno introdotte, pur se modificate, sono ancora penalizzanti confronto a quelle tuttora vigenti, così come specificato dagli esperti, e in qualsiasi caso saranno riservate solo a chi entra. Chi resta fuori sarà totalmente scoperto, poiché contestualmente verranno abolite le attuali norme: il risultato è che tutte le nostre attività verranno considerate alla stregua di attività commerciali e trattate (e tassate) di conseguenza. Molto meschinamente, aggiungiamo noi.
E allora “o mangi ‘sta minestra o salti dalla finestra”: in parole povere ci mettono nella condizione di trovarci davanti a un bivio senza avere alternative, e senza altra possibilità se non quella di scegliere il male minore. Ma sempre di male di tratta !
E allora raccontiamocela giusta: questo è un vero e proprio obbligo mascherato, ovvero una vigliaccata bella e buona !

 

VEDIAMO I NUMERI

Abbiamo svolto una ricerca, tramite questionario somministrato alle Bande aderenti alle Federazioni nostre associate. Hanno risposto circa 250 Bande, ovvero quasi il 25% dei diretti interessati. Da tale ricerca emergono molto chiaramente diversi dati, riferiti agli anni 2019 e 2020.

Il primo: solo l’8% è una grande Banda, cioè con un organico superiore ai 60 elementi, e con conseguente struttura organizzativa. Ergo, il 92% rientra nella piccola (61%) e media (31%) Banda.

Il secondo: solo il 6% ha sostenuto spese per l’area musicale superiore ai 10.000,00 € annui.

Il terzo: solo il 9% ha sostenuto spese per la gestione dell’associazione superiore ai 10.000,00 € annui.

Il quarto: solo il 24% ha sostenuto spese per l’area formazione (la propria scuola per Banda) superiore ai 10.000,00 € annui.

QUESTI NUMERI DEVONO FAR RIFLETTERE !!!

A maggior ragione bisogna riflettere sull’impatto con il 90% delle associazioni. In uno degli incontri richiamati, un tecnico tra coloro che seguono la riforma ci ha riferito di una stima, da loro fatta, con la quale prevedono che siano a rischio chiusura circa 100.000 (centomila) associazioni su 360.000 (trecentosessantamila) censite nel 2020 dall’Istat !!!
Questo è un dato scandaloso ! Ma è ancor più scandaloso che i “padroni del vapore” continuino imperterriti su questa strada senza battere ciglio, ma anzi continuando a ripetere il mantra che “è una scelta culturale”. E allora chiamiamolo coi termini giusti: questo è un omicidio culturale di massa !!!

Qualcuno potrebbe obiettare: forse tali numeri sono edulcorati…
Allora andiamo a prendere il rapporto 2022 pubblicato da “Terzjus”, realtà che raccoglie i più convinti assertori della riforma.
Innanzi tutto vediamo che hanno risposto 1.423 associazioni, ovvero lo 0,39% a livello nazionale (ricordiamo che sono 360.000).
Di queste ne sono state prese in considerazione 1.284, ovvero ne sono state scartate 139. Poi per mancata completezza di dati ne sono state scartate altre 414, arrivando così a un campione considerato di 870 (lo 0,24% a livello nazionale).

Il 28,16% delle associazioni rimaste appartiene al settore “Arte e cultura”, ovvero 245.

Il 60% degli enti rispondenti ha entrate inferiori a 30.000,00 €, e l’82% ha entrate inferiori al limite di 220.000,00 € annui previsto per la predisposizione del bilancio di esercizio (redigono un rendiconto di cassa).

Alla domanda: “Quali motivazioni alimentano la scelta di entrare o meno a far parte del RUNTS?”, tra i soggetti che sono iscritti, sono in trasmigrazione o che hanno intenzione di presentare istanza, 2 su 3 vivono l’iscrizione e il diventare ETS come un’opportunità, mentre il restante terzo si vede obbligato a iscriversi, pena la perdita degli attuali vantaggi.

Il 5% del campione totale (41 rispondenti), non intende iscriversi al RUNTS. Sull’indagine si riporta che: “1 su 3 non è convinto che l’iscrizione porti benefici, quasi la metà ritiene che la soglia di ingresso burocratica sia troppo elevata e venga bloccata dalla presenza di adempimenti. Si intuisce che la Riforma sia percepita come troppo complessa per le organizzazioni di piccole dimensioni - leit motiv che si ripresenterà in diversi passaggi dell’analisi”.
La soluzione prospettata ? “…in parte offrendo soluzioni formative sempre più vicine e accessibili, in parte riflettendo su nuovi modelli di affiancamento e accompagnamento, in parte trovando meccanismi di dialogo e di connessione tra istituzioni e organizzazioni per favorire la comunicazione efficace e la comprensione più approfondita delle esigenze reciproche”.

Eh, “la comprensione più approfondita delle esigenze reciproche”… Magari qualcuno ci avesse ascoltato prima che frittata fosse fatta… e comunque saremmo ancora in tempo per apporre cambiamenti migliorativi, se solo ci fosse realmente la volontà…

E comunque l’81% esprime preoccupazione per le questioni amministrative e burocratiche che le associazioni dovranno affrontare, e quasi l’80% ritiene che la riforma comporti un maggior impegno in termini gestionali per l’organizzazione.

Il 60,69% ritiene che dalla riforma avranno maggiore vantaggio gli enti grandi, e l’84,14% sostiene che non ne avranno vantaggio gli enti piccoli.

Cosa aggiungere ? Che basta usare la propria testa, lasciando da parte le “scelte culturali” teoriche e basarsi sulla realtà pratica che ben conosciamo, operando quotidianamente sul campo.

 

“I COMMERCIALISTI CI STANNO ABBANDONANDO”, OPPURE “CI STANNO SPINGENDO PER ENTRARE NEL RUNTS”

Due facce della stessa medaglia.
Da una parte abbiamo professionisti che stanno mollando le associazioni loro clienti: vista la complessità della riforma, preferiscono che si cerchino qualcun altro che le segua.
Dall’altra abbiamo commercialisti che insistono affinché le associazioni entrino nel RUNTS il prima possibile.
Il primo caso è emblematico e dà molto da riflettere: speriamo che lo facciano anche i nostri politici.
Nel secondo caso, invece, diciamo come sempre di aspettare: attendiamo delle norme chiare, poi ognuno potrà decidere in modo informato, e non professando un “atto di fede” alla cieca.
Tale posizione è continuamente suggerita dagli esperti che sono costantemente sul pezzo.
Se le cose cambieranno, come sempre comunicheremo le possibilità che ogni associazione ha a disposizione, senza obbligare nessuno a compiere una scelta in una direzione o nell’altra, ma lasciando che ogni singola realtà valuti cosa le conviene fare, perseguendo esclusivamente il proprio interesse.
E comunque c’è anche un terzo caso: l’aumento dei costi per la propria assistenza, già comunicato in molti casi da vari professionisti, giustificato dall’aumento di lavoro dato dall’entrata nel RUNTS…

 

RICORDIAMO INFINE CHE:

  • chi entra nel RUNTS e successivamente ne esce DEVE devolvere l’incremento patrimoniale dell’associazione (denaro e beni) per gli anni in cui ne ha fatto parte. Per la cronaca, prima di entrare conviene redigere uno stato patrimoniale della propria associazione, il quale dev’essere periziato da un tecnico del settore (altre spese), per stabilire in modo sicuro qual è l’avvenuto incremento dall’entrata nel RUNTS;
  • il beneficio del 5 per mille equivale, mediamente, a circa 5/600,00 € annui, e quindi capite benissimo che non è certo la tanto decantata panacea per i nostri problemi economici…
  • le incombenze aumentano, e quindi diventa praticamente obbligatorio fare riferimento a un professionista che ci segua, con conseguente spesa;
  • le sanzioni aumentano anch’esse di pari passo;
  • anche se si dovesse acquisire la personalità giuridica, l’utilizzo del patrimonio dell’associazione per sanare le sanzioni non esclude l’intervento sul patrimonio personale degli amministratori;
  • la burocrazia, come già detto, non diminuisce;
  • l’aspetto fiscale è peggiorativo confronto all’attuale (riportiamo: “Sotto questo profilo, se è vero che le modifiche migliorano le disposizioni contenute nel Codice, precisandone meglio i contenuti e limitandone taluni effetti negativi, non si può non rilevare come la mancata risoluzione di alcune criticità, peraltro ampiamente segnalate in dottrina, porti ad un complessivo giudizio sul nuovo impianto fiscale degli ETS che ancora deve considerarsi negativo” dell’Avv. Caramaschi, o anche: “Pacchetto fiscale troppo squilibrato” del Dott. Degani).

 

MORALE: abbiamo tutto il tempo per decidere se e quando entrare nel RUNTS. Nel frattempo diamo ascolto agli esperti ed attendiamo per vedere che sviluppi ci saranno...

 

(la vignetta riportata è comparsa su Internet, e non si riesce a risalire all’autore: per segnalare la paternità dell’opera, oppure qualora ci fossero problemi di ©, contattate direttamente il TP)